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ADESSO INIZIA FINALMENTE L'ERA DIGITALE DELLA SANITÀ,DICE ANDREA BISCIGLIA (AIDR)
Il 2021 sarà l'anno della sanità 2.0. Dopo un complesso iter durato un decennio l'assistenza medica telematica entra a pieno titolo nel servizio sanitario del nostro paese, che recupera il ritardo in tema di eHealth sia sul piano normativo che operativo rispetto all'Europa. Visite, controlli e certificati "smaterializzati" faranno parte delle prestazioni riconosciute dallo stato, con linee guida, regole e tariffario. La pandemia ha contribuito in larga misura a delineare il nuovo profilo virtuale della sanità, imponendo il sussidio da remoto fra le priorità pubbliche. La medicina digitale può assistere con efficacia numerose categorie di pazienti e portare a un abbattimento dei costi.
Ne parliamo con il cardiologo Andrea Bisciglia, responsabile dell'Osservatorio Sanità Digitale di Aidr (Associazione Italian Digital Revolution).
Condivide l'analisi secondo la quale il Covid ha accelerato dei processi già in atto nel nostro paese sul fronte della digitalizzazione?
Sì, e proprio nel campo sanitario questa evidenza è ancora più marcata. Da dirigente medico posso affermare che senza la rete di assistenza da remoto, spesso costruita in tutta fretta dai medici di famiglia e dagli specialisti, e con l'ausilio di strumenti digitali più o meno sofisticati, si sarebbe interrotta ogni forma di comunicazione con il paziente.
In primis occorre ricordare che nei mesi più bui del lockdown gli ambulatori erano chiusi. Come avremmo fatto ad avere un quadro clinico adeguato dei nostri assistiti senza le videochiamate e i consulti telefonici?
La telemedicina è entrata nel servizio sanitario nazionale, il Covid ha fatto cadere l'ultimo tabù sull'assistenza sanitaria da remoto?
Purtroppo in questo decennio il dibattito sulla telemedicina in Italia si è incagliato in una direzione dicotomica, come se un tipo di assistenza dovesse precludere l'altra o peggio ancora sostituirla. Dai numerosi lavori svolti nel corso di questi anni dall'Osservatorio Salute di Aidr è emerso un quadro completamente diverso dello stato dell'arte della telemedicina nel nostro paese. Il digitale è un sistema di supporto essenziale per la cura e l'assistenza di numerose patologie. Basti pensare ai pazienti affetti da patologie croniche, che costituiscono una fetta importante della popolazione. Da cardiologo posso testimoniare come l'utilizzo dei sistemi digitali, dalle App, alla televisita, alla videolettura delle analisi di routine, consenta di seguire in maniera più efficace e incisiva l'andamento della patologia.
Guardando a quanto è accaduto in questi mesi di emergenza, il nostro paese era preparato a utilizzare i sistemi di telemedicina?
Sul fronte della telemedicina l'Italia era fortemente in ritardo rispetto all'Europa, dal punto di vista normativo e non solo, anche se nel corso degli anni non sono mancati modelli di eccellenza. Probabilmente è mancata una adeguata conoscenza, da parte dei sanitari, delle potenzialità del digitale nel servizio di assistenza medica, oltre che una rete di collegamento tra i professionisti. In questa direzione la nostra associazione Aidr è intervenuta più volte con seminari, momenti di confronto e informazione. La tecnologia viaggia veloce ed è nostro compito favorire la promozione della cultura digitale in tutti i settori.
Quanto è diffusa oggi la cultura digitale in ambito sanitario, quanto siamo realmente pronti alla telemedicina?
L'emergenza Covid ha scardinato vecchi schemi e ci ha portati in una nuova dimensione. Davvero lei oggi tornerebbe a fare la fila, in un ambulatorio affollato, solo per ritirare una prescrizione medica, o per far leggere un referto? Oggi non saremmo più disposti a questo, perché l'emergenza ci ha fatto scoprire anche modi e approcci più avanzati. Spesso nulla di così nuovo, ma forse non eravamo pronti noi. C'è un aspetto che ritengo emblematico: durante i mesi più bui della pandemia, tutti abbiamo familiarizzato con la trasmissione digitale della prescrizione da parte del medico di famiglia. La maggior parte ha ricevuto la ricetta via WhatsApp, i più accorti hanno usato l'opzione di invio telematico alla farmacia. In realtà questa possibilità esisteva già, ma non era in uso. Sì, abbiamo fatto lunghe code inutilmente. Le cito solo qualche dato, che è stato oggetto di studi da parte della nostra associazione Aidr: prima della pandemia, secondo una indagine del Politecnico di Milano, 3 italiani su 10 dichiaravano di non essere in grado di utilizzare dispositivi elettronici, soprattutto tra gli over 75. Il nodo però non sta solo nella capacità d'uso, ma nella effettiva volontà di disporre di strumenti digitali nel rapporto con il proprio medico. Ben 7 italiani su 10, avevano affermato di preferire un contatto di persona, rispetto a quello da remoto. Oltre la metà dei sanitari si diceva preoccupata di come l'utilizzo di strumenti digitali potesse creare incomprensioni con i pazienti, aumentare il carico di lavoro e comportare rischi legati a un mancato rispetto della normativa sulla privacy. Su quest'ultimo aspetto le nuove linee guida hanno contribuito a dipanare ogni dubbio.
C'è il rischio che la telemedicina resti ancorata all'emergenza Covid, quali saranno i vantaggi quando tutti saremo vaccinati?
Il nuovo scenario ci vedrà usare entrambi i sistemi. No, il futuro non sarà solo con l'assistenza da remoto, come qualche catastrofista vorrebbe far credere. Il digitale rappresenta un valore aggiunto, sempre, siamo noi uomini a fare la differenza. È infatti indiscussa l'importanza dell'assistenza da remoto tramite app per il telemonitoraggio costante di alcune patologie. C'è un vantaggio anche economico, che non va dimenticato. I servizi da remoto consentono di abbattere i costi, garantendo prestazioni e supplendo – ahinoi – alla cronica carenza di personale sanitario. In molti presidi sanitari queste metodiche sono già una realtà, basti pensare ai servizi di teleradiologia, e oggi saranno implementati anche con la certificazione da parte del Servizio sanitario nazionale del teleconsulto e della telecooperazione tra professionisti sanitari. Una videotelefonata ci salverà la vita? Magari, è lo scenario che ci auguriamo presto di poter attuare grazie al contributo della scienza e della tecnologia.
Il ricorso al sistema telematico e alla Cybermedicina può sfalsare i profili legali di responsabilità del medico? C'è il rischio che l'assistenza da remoto indebolisca la relazione fra medico e paziente?
La responsabilità medicolegale non può essere elusa. È certo che utilizzando dispositivi che hanno necessariamente bisogno del supporto di ingegneri, informatici e altre figure professionali, che poco hanno a che fare con il rapporto medico paziente stretto, l'aspetto legale deve essere sempre aggiornato e mai trascurato. Per quanto riguarda il legame tra medico e paziente, il rischio che si indebolisca potrebbe esserci, ma dipende sempre dall'utilizzo che si fa di questo strumento. Dobbiamo costantemente chiederci se l'assistenza da remoto sia il fine o il mezzo. Se utilizzata per fornire un'ottima cura ai pazienti, il vero fine, il rapporto può invece rafforzarsi.
IL FOGLIO Quotidiano
di Giulia Catricalà
Il 2021 sarà l'anno della sanità 2.0. Dopo un complesso iter durato un decennio l'assistenza medica telematica entra a pieno titolo nel servizio sanitario del nostro paese, che recupera il ritardo in tema di eHealth sia sul piano normativo che operativo rispetto all'Europa. Visite, controlli e certificati "smaterializzati" faranno parte delle prestazioni riconosciute dallo stato, con linee guida, regole e tariffario. La pandemia ha contribuito in larga misura a delineare il nuovo profilo virtuale della sanità, imponendo il sussidio da remoto fra le priorità pubbliche. La medicina digitale può assistere con efficacia numerose categorie di pazienti e portare a un abbattimento dei costi.
Ne parliamo con il cardiologo Andrea Bisciglia, responsabile dell'Osservatorio Sanità Digitale di Aidr (Associazione Italian Digital Revolution).
Condivide l'analisi secondo la quale il Covid ha accelerato dei processi già in atto nel nostro paese sul fronte della digitalizzazione?
Sì, e proprio nel campo sanitario questa evidenza è ancora più marcata. Da dirigente medico posso affermare che senza la rete di assistenza da remoto, spesso costruita in tutta fretta dai medici di famiglia e dagli specialisti, e con l'ausilio di strumenti digitali più o meno sofisticati, si sarebbe interrotta ogni forma di comunicazione con il paziente.
In primis occorre ricordare che nei mesi più bui del lockdown gli ambulatori erano chiusi. Come avremmo fatto ad avere un quadro clinico adeguato dei nostri assistiti senza le videochiamate e i consulti telefonici?
La telemedicina è entrata nel servizio sanitario nazionale, il Covid ha fatto cadere l'ultimo tabù sull'assistenza sanitaria da remoto?
Purtroppo in questo decennio il dibattito sulla telemedicina in Italia si è incagliato in una direzione dicotomica, come se un tipo di assistenza dovesse precludere l'altra o peggio ancora sostituirla. Dai numerosi lavori svolti nel corso di questi anni dall'Osservatorio Salute di Aidr è emerso un quadro completamente diverso dello stato dell'arte della telemedicina nel nostro paese. Il digitale è un sistema di supporto essenziale per la cura e l'assistenza di numerose patologie. Basti pensare ai pazienti affetti da patologie croniche, che costituiscono una fetta importante della popolazione. Da cardiologo posso testimoniare come l'utilizzo dei sistemi digitali, dalle App, alla televisita, alla videolettura delle analisi di routine, consenta di seguire in maniera più efficace e incisiva l'andamento della patologia.
Guardando a quanto è accaduto in questi mesi di emergenza, il nostro paese era preparato a utilizzare i sistemi di telemedicina?
Sul fronte della telemedicina l'Italia era fortemente in ritardo rispetto all'Europa, dal punto di vista normativo e non solo, anche se nel corso degli anni non sono mancati modelli di eccellenza. Probabilmente è mancata una adeguata conoscenza, da parte dei sanitari, delle potenzialità del digitale nel servizio di assistenza medica, oltre che una rete di collegamento tra i professionisti. In questa direzione la nostra associazione Aidr è intervenuta più volte con seminari, momenti di confronto e informazione. La tecnologia viaggia veloce ed è nostro compito favorire la promozione della cultura digitale in tutti i settori.
Quanto è diffusa oggi la cultura digitale in ambito sanitario, quanto siamo realmente pronti alla telemedicina?
L'emergenza Covid ha scardinato vecchi schemi e ci ha portati in una nuova dimensione. Davvero lei oggi tornerebbe a fare la fila, in un ambulatorio affollato, solo per ritirare una prescrizione medica, o per far leggere un referto? Oggi non saremmo più disposti a questo, perché l'emergenza ci ha fatto scoprire anche modi e approcci più avanzati. Spesso nulla di così nuovo, ma forse non eravamo pronti noi. C'è un aspetto che ritengo emblematico: durante i mesi più bui della pandemia, tutti abbiamo familiarizzato con la trasmissione digitale della prescrizione da parte del medico di famiglia. La maggior parte ha ricevuto la ricetta via WhatsApp, i più accorti hanno usato l'opzione di invio telematico alla farmacia. In realtà questa possibilità esisteva già, ma non era in uso. Sì, abbiamo fatto lunghe code inutilmente. Le cito solo qualche dato, che è stato oggetto di studi da parte della nostra associazione Aidr: prima della pandemia, secondo una indagine del Politecnico di Milano, 3 italiani su 10 dichiaravano di non essere in grado di utilizzare dispositivi elettronici, soprattutto tra gli over 75. Il nodo però non sta solo nella capacità d'uso, ma nella effettiva volontà di disporre di strumenti digitali nel rapporto con il proprio medico. Ben 7 italiani su 10, avevano affermato di preferire un contatto di persona, rispetto a quello da remoto. Oltre la metà dei sanitari si diceva preoccupata di come l'utilizzo di strumenti digitali potesse creare incomprensioni con i pazienti, aumentare il carico di lavoro e comportare rischi legati a un mancato rispetto della normativa sulla privacy. Su quest'ultimo aspetto le nuove linee guida hanno contribuito a dipanare ogni dubbio.
C'è il rischio che la telemedicina resti ancorata all'emergenza Covid, quali saranno i vantaggi quando tutti saremo vaccinati?
Il nuovo scenario ci vedrà usare entrambi i sistemi. No, il futuro non sarà solo con l'assistenza da remoto, come qualche catastrofista vorrebbe far credere. Il digitale rappresenta un valore aggiunto, sempre, siamo noi uomini a fare la differenza. È infatti indiscussa l'importanza dell'assistenza da remoto tramite app per il telemonitoraggio costante di alcune patologie. C'è un vantaggio anche economico, che non va dimenticato. I servizi da remoto consentono di abbattere i costi, garantendo prestazioni e supplendo – ahinoi – alla cronica carenza di personale sanitario. In molti presidi sanitari queste metodiche sono già una realtà, basti pensare ai servizi di teleradiologia, e oggi saranno implementati anche con la certificazione da parte del Servizio sanitario nazionale del teleconsulto e della telecooperazione tra professionisti sanitari. Una videotelefonata ci salverà la vita? Magari, è lo scenario che ci auguriamo presto di poter attuare grazie al contributo della scienza e della tecnologia.
Il ricorso al sistema telematico e alla Cybermedicina può sfalsare i profili legali di responsabilità del medico? C'è il rischio che l'assistenza da remoto indebolisca la relazione fra medico e paziente?
La responsabilità medicolegale non può essere elusa. È certo che utilizzando dispositivi che hanno necessariamente bisogno del supporto di ingegneri, informatici e altre figure professionali, che poco hanno a che fare con il rapporto medico paziente stretto, l'aspetto legale deve essere sempre aggiornato e mai trascurato. Per quanto riguarda il legame tra medico e paziente, il rischio che si indebolisca potrebbe esserci, ma dipende sempre dall'utilizzo che si fa di questo strumento. Dobbiamo costantemente chiederci se l'assistenza da remoto sia il fine o il mezzo. Se utilizzata per fornire un'ottima cura ai pazienti, il vero fine, il rapporto può invece rafforzarsi.
IL FOGLIO Quotidiano
di Giulia Catricalà