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L’angioplastica coronarica, con impianto di Stent, è una procedura che permette il pieno ripristino del flusso ematico a livello coronarico e riducendo al minimo il rischio dell’ischemia o dell’infarto miocardico. Riconoscere i sintomi in tempi rapidi, permette di fare una precoce diagnosi di infarto, quindi ripristinare nel minor tempo possibile il normale flusso coronarico attraverso l’angioplastica coronarica, evitando di danneggiare il muscolo cardiaco.
L’angina pectoris è una condizione clinica che si identifica in larga misura con il proprio sintomo principale: il dolore al torace. Questa condizione è causata da un fenomeno che prende il nome di ischemia, ossia una temporanea riduzione dell’afflusso di sangue al cuore che determina mancanza di ossigeno al tessuto cardiaco e si manifesta con dolore. Diversamente dall'infarto acuto del miocardio, nell'angina pectoris l’ischemia è reversibile e non arriva al punto di provocare danno cardiaco permanente. L’infarto del miocardio (o miocardico) si verifica quando un trombo (coagulo di sangue) interrompe improvvisamente il flusso di sangue all'interno di un’arteria coronaria (vaso sanguigno che porta il sangue al muscolo cardiaco). L’interruzione del flusso sanguigno diretto al cuore, con il protrarsi dei minuti ed ore può danneggiare o distruggere (necrosi) una parte del muscolo cardiaco (miocardio). Tuttavia, se il flusso sanguigno viene ripristinato in tempi brevi, il danno al cuore può essere limitato o addirittura evitato. Seppur la terapia farmacologica sia importante, tuttavia in corso di infarto miocardico acuto è l’angioplastica coronarica a salvare il miocardio ed eventualmente anche la vita del paziente.
L’angioplastica è una procedura che si esegue nel caso siano presenti restringimenti significativi a livello delle coronarie, le arterie del muscolo cardiaco, con conseguente riduzione del flusso sanguigno. È una procedura terapeutica, che segue la coronarografia, che a sua volta studia le coronarie e le placche arteriosclerotiche, anche attraverso l’utilizzo di sofisticate tecniche di imaging:
L’angioplastica coronarica si esegue in presenza di un significativo restringimento del lume vasale, in genere maggiore del 70%, o in presenza di restringimenti intermedi, 40-80%, in cui però è documentata una riduzione del flusso sanguigno.
Nel caso di angioplastica, attraverso i cateteri utilizzati per raggiungere l’origine delle coronarie, si inseriscono piccoli palloncini gonfiabili a pressione, fino a livello del restringimento coronarico al fine di “schiacciare” la placca e allargare il lume compromesso.
Quasi sempre l'angioplastica viene poi completata con l’impianto di una protesi in lega metallica chiamata Stent coronarico che impedisce alla placca di prolassare nuovamente all’interno del lume. Il risultato è il pieno ripristino del flusso ematico a livello coronarico e l’abolizione dell’ischemia. Lo Stent coronarico che si impianta attualmente è a rilascio di farmaco, lo Stent medicato, cioè ricoperto di uno speciale farmaco citostatico che impedisce o quanto meno riduce la ricrescita della placca aterosclerotica. Le tecniche di angioplastica nel caso di placche calcifiche e dure prevedono l’utilizzo di particolari materiali:
Al paziente verranno inoltre proposti e programmati i successivi controlli ambulatoriali, in genere a:
Questi controlli post-intervento di angioplastica sono fondamentali in quanto permettono di valutare l’efficacia dell’angioplastica nel lungo periodo.
L’angina pectoris è una condizione clinica che si identifica in larga misura con il proprio sintomo principale: il dolore al torace. Questa condizione è causata da un fenomeno che prende il nome di ischemia, ossia una temporanea riduzione dell’afflusso di sangue al cuore che determina mancanza di ossigeno al tessuto cardiaco e si manifesta con dolore. Diversamente dall'infarto acuto del miocardio, nell'angina pectoris l’ischemia è reversibile e non arriva al punto di provocare danno cardiaco permanente. L’infarto del miocardio (o miocardico) si verifica quando un trombo (coagulo di sangue) interrompe improvvisamente il flusso di sangue all'interno di un’arteria coronaria (vaso sanguigno che porta il sangue al muscolo cardiaco). L’interruzione del flusso sanguigno diretto al cuore, con il protrarsi dei minuti ed ore può danneggiare o distruggere (necrosi) una parte del muscolo cardiaco (miocardio). Tuttavia, se il flusso sanguigno viene ripristinato in tempi brevi, il danno al cuore può essere limitato o addirittura evitato. Seppur la terapia farmacologica sia importante, tuttavia in corso di infarto miocardico acuto è l’angioplastica coronarica a salvare il miocardio ed eventualmente anche la vita del paziente.
L’angioplastica è una procedura che si esegue nel caso siano presenti restringimenti significativi a livello delle coronarie, le arterie del muscolo cardiaco, con conseguente riduzione del flusso sanguigno. È una procedura terapeutica, che segue la coronarografia, che a sua volta studia le coronarie e le placche arteriosclerotiche, anche attraverso l’utilizzo di sofisticate tecniche di imaging:
L’angioplastica coronarica si esegue in presenza di un significativo restringimento del lume vasale, in genere maggiore del 70%, o in presenza di restringimenti intermedi, 40-80%, in cui però è documentata una riduzione del flusso sanguigno.
Nel caso di angioplastica, attraverso i cateteri utilizzati per raggiungere l’origine delle coronarie, si inseriscono piccoli palloncini gonfiabili a pressione, fino a livello del restringimento coronarico al fine di “schiacciare” la placca e allargare il lume compromesso.
Quasi sempre l'angioplastica viene poi completata con l’impianto di una protesi in lega metallica chiamata Stent coronarico che impedisce alla placca di prolassare nuovamente all’interno del lume. Il risultato è il pieno ripristino del flusso ematico a livello coronarico e l’abolizione dell’ischemia. Lo Stent coronarico che si impianta attualmente è a rilascio di farmaco, lo Stent medicato, cioè ricoperto di uno speciale farmaco citostatico che impedisce o quanto meno riduce la ricrescita della placca aterosclerotica. Le tecniche di angioplastica nel caso di placche calcifiche e dure prevedono l’utilizzo di particolari materiali:
- angioplastica con elevate pressioni: consiste nell’utilizzo di speciali palloni in grado di raggiungere pressioni di 30 atmosfere per allargare anche le placche più resistenti);
- aterectomia rotazionale, “ rotablator ”: consiste nell’utilizzo di una fresa diamantata per la frantumazione delle placche particolarmente calcifiche;
- litotripsia, “shock-wave”: consiste nell’utilizzo di onde d’urto simili a quelle utilizzate per frantumare i calcoli renali;
- laserterapia: consiste nell’utilizzo di impulsi di raggi ultravioletti in grado di vaporizzare eventuali trombi intracoronarici.
Al paziente verranno inoltre proposti e programmati i successivi controlli ambulatoriali, in genere a:
Questi controlli post-intervento di angioplastica sono fondamentali in quanto permettono di valutare l’efficacia dell’angioplastica nel lungo periodo.